lunedì 12 settembre 2011

Campanile Basso del Brenta

Siamo stati sul Campanile Basso!! Beh non abbiamo suonato la campana, ma l'abbiamo percorso (quasi) tutto. Ed è stato sublime!

Il Campanile Basso è un superbo pilastro di 2.877m, che si stacca solitario dai massicci circostanti nel cuore delle Dolomiti di Brenta.

Campanile Basso

Ho condiviso questa avventura con Oscar, un amico del "laboratorio" del Fantasy Climbing, molto esperto di alpinismo in ambiente. Ed è stata un'esperienza alpinistica veramente completa: un lungo avvicinamento, partendo dai boschi di conifere di Madonna di Campiglio attraverso cenge, morene e anche neve, fino alla Bocca di Brenta; il pernottamento al Rifugio Pedrotti e l'avvicinamento all'alba attraverso la Via delle Bocchette Centrali...


Rifugio Pedrotti
... fino ad arrivati ai piedi dell'impressionante parete Sud, dove attacca la Via Normale che percorre, con 11 tiri, tutte le quattro facce del Campanile.

La parete Sud illuminata dai primi raggi del sole
Il percorso è articolato, complesso e molto vario: placche, diedri, camini, traversi... abbiamo potuto assaporare tutti i movimenti dell'arrampicata sulla magnifica roccia delle Dolomiti!
La via è praticamente non attrezzata, ad eccezione delle ottime soste; abbiamo quindi protetto l'arrampicata con friends e cordini. La complessità del percorso e l'assenza di chiodatura ci ha impegnato nell'orientamento: ad ogni sosta era d'obbligo un'occhiata alla relazione e allo schema della via per individuare la giusta direzione.

Passaggio sulla Parete Pooli IV+
Tre le cordate che abbiamo incontrato lungo la Via, eravamo l'unica composta da "stranieri", mentre tutti gli altri alpinisti erano locali all'ennesima ripetizione. 
Forse anche per questa nostra ridotta conoscenza del percorso, la nostra arrampicata si è protratta per 5 ore quando, giusti all'ultimo terrazzino a due tiri dalla conclusione, abbiamo deciso di iniziare le calate, anche considerando l'incombente nebbia che iniziava a salire dalla valle e che, alla fine delle lunghe calate in corda doppia (2 ore e mezza), ha alla fine avvolto tutto il Campanile. 

Nonostante questo cambio di programma, siamo stati molto soddisfatti dell'avventura: arrampicare su questo mitico pilastro, che ha tracciato la storia dell'Alpinismo, è stata per me l'esperienza alpinistica più coinvolgente, grazie al grandioso e vertiginoso ambiente che ci circondava.

Grazie ad Oscar di aver voluto condividere questa bella avventura! Alla prossima!

lunedì 9 agosto 2010

Le formiche abbracciano le montagne

Camminare in montagna da solo, senza le voci altrui, mi permette di ascoltare il mio corpo. Non i pensieri, ma il corpo. In pianura ci concentriamo sempre troppo sul pensiero e poco sul corpo, ma la montagna ci ricorda che siamo soprattutto cuore, muscoli, polmoni.

In montagna il tempo scorre diversamente. Non conto i minuti. Cammino in silenzio per ore senza pensieri.
D'improvviso il bosco finisce. In montagna il bosco finisce sempre all'improvviso. Il mio sguardo si alza alle vette e per un attimo il respiro si ferma. Alzo lo sguardo con stupore e ammirazione, gli occhi si muovono lentamente e accarezzano le vette. Mi sento piccolo come una formica.


Accosto la roccia con rispetto, con ammirazione. Il granito: solido, compatto, eterno e allo stesso tempo mutevole. Mi muovo con serenità, il respiro è regolare. Alzo lo sguardo sulla via, la seguo per un tratto, poi mi riabbasso sulle mie mani e sui miei piedi. Sento la roccia sulle dita, il vento sul corpo. Respiro nel silenzio.
Alle soste che stupore, che meraviglia: essere dentro al cielo, avvolto dal cielo, abbracciato alla montagna.
La montagna mi accoglie, mi da il permesso di percorrerla delicatamente. Non è una sfida, è una danza.
Noi siamo piccole formiche, ma le montagne si lasciano abbracciare da chi si accosta a loro con rispetto.
E ci sorridono.

domenica 4 ottobre 2009

Torrione Magnaghi in Grignetta


Finalmente la Grigna!! Dopo diversi tentativi, sempre vanificati dal maltempo, finalmente riusciamo ad arrampicare in Grigna.

Con Silvia, Simone e Sandro saliamo la Cresta Cermenati per circa 600m fino al traverso per i Torrioni Magnaghi e superiamo la bocchetta dei Venti su un percorso che non è più sentiero ma roccette. Raggiungiamo il Torrione Magnaghi Meridionale (detto anche Primo Magnaghi) con l'intenzione di salire la Via Normale (III grado), che però troviamo affollata da un corso di alpinismo. Decidiamo quindi di tentare la Via Albertini, sulla faccia rivolta verso il Sigaro Dones.


La Via Albertini è una via di 7 tiri, con un sviluppo di circa 200m, con grado IV+. E' poco chiodata (2-3 resinati per tiro) ma le protezioni sono integrabili nelle frequenti clessidre. In cordata con Sandro, ho percorso tutta la via da primo di cordata, in circa 2h30m.

La calata dalla vetta, lungo la via Normale, è stata un po' lenta per l'affollamento delle soste, ma con quattro corde doppie siamo tornati alla base del Magnaghi.

La via non è molto esposta, perchè per la prima metà è affiancata al Sigaro Dones; nella parte superiore si vede il panorama del Canalone Porta e di Piani Resinelli.

E' stata una grande soddisfazione! Non ho trovato difficoltà tecnica e ci siamo mossi con molta confidenza e sicurezza nelle manovre; l'ambiente e l'altitudine non sono stati un problema, anzi sono stati un piacere! Era davvero tanto che non arrampicavo in ambiente, da questa primavera a Finale, ma mi sono trovato benissimo! Anche grazie a Sandro che è un compagno ideale, calmo e sicuro. Grazie a tutti gli amici per aver condiviso questa nuova avventura!

Foto sul Flickr

sabato 22 agosto 2009

Kilimanjaro!!!

Quest'estate abbiamo fatto un bel viaggio in Tanzania, e una parte importante di questa esperienza è stata la salita al Monte Kilimanjaro, un vulcano inattivo al confine settentrionale con il Kenya, alto 5896m nel cratere principale, il Kibo.

La salita si svolge in quattro giorni, percorrendo circa 12km e salendo di circa 1000m al giorno, più due di discesa. Siamo accompagnati da una guida, dall'assistente e dai portatori, che trasportano zaini e cibo, dato che i campi non hanno cucina.

Si percorrono tre tappe (più un giorno di acclimatamento), partendo dall'altopiano di Marangu a 1970m:

1a tappa: da Marangu 1970m a Mandara h.2700m: si attraversa la foresta pluviale, umida e nebbiosa, popolata da scimmie Colomo e da cercopitechi; il campo è costituito da capanne in legno con quattro brandine ciascuna;

2a tappa: da Mandara 2700m a Horombo 3720m: l'ambiente si apre e la vegetazione si riduce a brughiera, con arbusti e cespugli bassi; si inizia a vedere il Mawenzi, la seconda vetta del gruppo del Kilimanjaro; ad Horombo ci fermiamo un giorno per l'acclimatamento, facendo una breve escursione fino a 4200m alle Zebra rocks, una falesia di basalto nero segnata da colature di sali. Oltre questa quota, il terreno non trattiere più acqua;

3a tappa: da Horombo 3720m a Kibo 4730m: l'ambiente è definitivamente desertico, e finalmente si vede la vetta del Kibo. la temperatura scende e l'aria diventa molto rarefatta (poco più di mezza atmosfera) e la fatica si fa sentire, nonostante il percorso sia molto semplice e lineare.


Arrivati all'ultimo campo di Kibo huts, ai piedi del cono finale, purtroppo il mal di montagna ci impedisce di continuare: forte mal di testa e nausea ci accompagnano per tutta la sera e la notte, impedendoci di iniziare l'ultimo tratto di salita previsto fino a Gilman's Point e Hururu Peak.

Purtroppo questo problema è molto diffuso, e la maggior parte degli escursionisti che decidono di provare comunque a salire devono rinunciare per i malori lungo la salita.

Noi preferiamo accontentarci di quanto fatto fin qui: abbiamo percorso oltre 30km e 3000m di dislivello, dall'altopiano fino ai piedi del cratere, attraversando tanti ambienti naturali diversi ed unici, abbiamo visto cieli limpidissimi al di sopra delle nuvole, e abbiamo assaporato un lungo e lento percorso che ci ha permesso di assaporare la natura e riflettere molto...

domenica 12 luglio 2009

Ghiacciaio del Gran Paradiso

Il battesimo dell'alpinismo per Elena! Una via normale di difficoltà F (facile) ma comunque molto interessante per lunghezza e soprattutto per il magnifico ambiente e panorama.


Saliamo da Valsavarenche loc. Pont (1.899 m) al Rifugio Vittorio Emanuele II (2.732m) lungo un facile sentiero che costeggia il torrente del fondovalle per poi salire con numerosi tornanti; presto il bosco lascia spazio alla brughiera e già il panorama si apre. La vetta del Gran Paradiso è sempre nascosta, e si vedrà il giorno successivo quando ci saremo già di molto inoltrati nel ghiacciaio.

Il rifugio è molto capiente e accogliente: la mattina successiva ci incamminiamo alle 5 con le torce frontali, dapprima sulla pietraia della morena, e dopo un'ora raggiungiamo il ghiacciaio e ci attrezziamo: imbrago, corda, ramponi e piccozza. Ci sono molti altri alpinisti che percorrono la via normale, ognuno con il proprio passo.
La progressione sul ghiacciaio non è tecnicamente difficile perchè non ci sono grandi pendenze; procediamo costanti lungo il letto del ghiacciaio fino circa a quota 3500m dove il percorso si allinea alla cresta. Da qui si inizia a vedere la vetta davanti a noi.

Alle 11 siamo in vetta, a 4.061m. L'ultimo tratto è impegnativo per l'altitudine e perchè la traccia effettua un traverso su un pendio ripido, e occorre muoversi con prudenza.

Che freddo! -10°C e vento forte... per che grande soddisfazione! Siamo orgogliosi della nostra determinazione e costanza! Il paesaggio, durante tutto il percorso, e non solo in vetta, ci ha accompagnato e ripagato, passo dopo passo, dell'impegno e della fatica.

domenica 8 marzo 2009

Via Simonetta a Finale Ligure

"A Finale si arrampica anche d'inverno" si dice... e noi andiamo a vedere se è vero! Beh sembrava estate! Basta vedere che eravamo in maglietta!

Via Simonetta a Rocca di Perti, nell'entroterra di Finale, una via davvero interessante, di sette tiri fino al grado 4c, dislivello circa 150m, una via relativamente poco attrezzata (3-4 rinvii per tiro), su roccia arenaria abbastanza lavorata.

La percorro da primo in cordata con Dani; la parte più interessante è l'ultimo tiro, con un lungo traverso espostissimo e praticamente sprotetto!

Una via molto gratificante perchè richiede impegno e concentrazione, dato che le protezioni sono poche, lontane e non facilmente individuabili. Anche per questo chi sale da primo di cordata deve prestare attenzione al percorso!

L'arrivo in vetta, dopo tre ore di arrampicata, è festeggiato con il panorama fino al mare e con un'improvvisata posizione yoga dell'albero!

Una gita, una festa con amici (c'erano anche Silvia, Simone, Sandro ed Elena, che ci ha preceduti in vetta via sentiero), un piacere di percorrere una via a metà tra falesia (per la bassa quota) e l'ambiente (per le scarse protezioni). Grande serenità e consapevolezza dei miei progressi, non solo tecnici ma "mentali"!

domenica 12 ottobre 2008

Dito Dones - ultima impresa della stagione!

La stagione sta per finire, e anche se quest'autunno il tempo resta tiepido e soleggiato, questa sarà la nostra ultima "impresa" dell'anno, il primo anno di alpinismo!

Il Dito Dones è una bellissima guglia alta circa 200m, nel gruppo delle Grigne, facilmente raggiungibile dai Piani Resinelli da dove è già ben visibile. La difficoltà è un po' alta, V grado con un passaggio di 6a.

Apro la via da primo di cordata, e il percorso non è facilmente individuabile, gli spit sono pochi e lontani. La prima parte è disturbata dalla vegetazione; la difficoltà tecnica non è eccessiva, ma non essendo sempre sicuro della direzione mi sento un po' preoccupato ed incerto.

La natura delle rocce, di calcare molto lavorato ma con alcuni tratti strapiombanti, mi porta a lavorare di forza e dopo pochi tiri ho già le braccia stanche!

Sono con Silvia, Simone e Sabrina, che purtroppo dopo pochi tiri decide di fermarsi perchè è in difficoltà; poco dopo, troviamo il passaggio più interessante in assoluto della via: un diedro verticale, da percorrere in contrapposizione, che termina sotto un tetto (!) da percorrere verso sinistra in dulfer, per poi finalmente sbucare sopra alla sosta. Terribilmente faticoso, e psicologicamente molto impegnativo per me che l'ho fatto da primo, inserendo le protezioni! Ma che emozione, e che soddisfazione!

Quando ormai siamo a due tiri dalla vetta, alla partenza di un tiro ormai sulla parete finale purtroppo mi ferisco ad un dito. Il Dito Dones ha colpito! :) La ferita non è grave ma purtroppo ho la pelle del dito medio staccata e non riesco a continuare... a malincuore decidiamo di ritirarci calandoci in doppia.

L'ultima arrampicata della stagione, il primo ritiro! Mi stupisce, e mi rincuora, scoprire che più che la delusione, prevale la consapevolezza e la serenità: le montagne sono sempre lì ad aspettarci!

Questa di oggi è stata una esperienza intensa, piacevole nonostante la ritirara e anche molto costruttiva: ho imparato ancora un po': come è possibile essere contenti anche quando ci si ferma a 30m dalla vetta!

domenica 10 agosto 2008

Spigolo Sarezza: alpinismo vero!

La salita alla vetta del Monte Sarezza, a cavallo tra la Valle di Champoluc e quella di Gressoney, è la mia prima vera esperienza di via d'alpinismo in ambiente. Ovvero una via lunga, pochissimo attrezzata, con un avvicinamento importante...

Affronto questa avventura con Silvia, con cui spesso facciamo coppia in cordata. Lo spigolo Nord Ovest è una via di circa 300m, che abbiamo percorso in circa 5 ore, più un'ora abbondante di avvicinamento dall'arrivo della funivia Ostafa da Champoluc, senza sentiero ma su sfasciumi di pietra molto grandi e instabili che rendono il cammino abbastanza faticoso.

La prima particolarità delle vie in ambiente, a differenza delle falesie, è proprio l'avvicinamento e l'individuazione dell'attacco della via: leggiamo attentamente la relazione e scrutiamo le rocce alla ricerca dell' "evidente dietro"!

Trovato l'attacco, sperimentiamo cosa vuol dire "via d'ambiente": non c'è traccia di spit, chiodi o alcunchè, anche alle soste! Così, ragionando sulla relazione, cerchiamo fessure, risalti, spigoli e cenghie e costruiamo le soste con nuts e cordini.

La prima parte della via è una parete quasi verticale, la roccia è un bellissimo granito nero, compatto ma un po' scivoloso a causa dei licheni che sono molto diffuso, forse anche a causa dell'esposizione ombreggiata a Nord.

Un passaggio di grande bellezza e molto emozionante è attraverso un camino, un foro verticale di una decina di metri, impossibile da proteggere con nuts in quanto le pareti sono lisce e verticali, da percorrere in contrapposizione... Più salgo e più sento la tensione: so che sotto di me ci sono decine di metri e l'ultimo rinvio è alla base del camino...

Ma che emozione, e che stupore! all'uscita del camino mi affaccio verso la valle, sotto di me, su una parete verticale alta centinaia di metri! Mi volto, sempre in contrapposizione, ed esco dal camino, montando una sosta proprio sopra di esso. Mi sporgo e, con immensa gioia, urlo a Silvia: "libera tutto!" e subito dopo: "oddio che bellooo!!" :)

La via prosegue, ora facilmente, lungo lo spigolo, non troppo appoggiato, e molto esposto su entrambi i lati, fino alla vetta, da cui scendiamo dal sentiero sul lato opposto.

Quanta strada! Che via lunga, e che impegno! Molto più mentale ed emotivo, che fisico: tecnicamente la via è abbordabile, ma per la prima volta ci siamo confrontati con noi stessi nel cercare, capire, orientarci, proteggerci!

Una bellissima lezione, e la soddisfazione di aver, ancora una volta, assaporato cosa vuol dire mettersi alla prova.

lunedì 30 giugno 2008

Ghiacciaio Adula

La prima grande esperienza di ghiacciaio!
Abbiamo raggiunto la vetta del Monte Adula, la più alta del Canton Ticino, a 3.400m. L'ascensione si è svolta in due giorni: il primo giorno abbiamo percorso la lunga e pianeggiante Val Carassina, lungo un bel ruscello in un ambiente da favola, perfettamente svizzero.


Alla fine della valle si sale un ripido pendio roccioso fino alla Capanna UTOE, dove la vista è già molto panoramica e si intravede il ghiacciaio sopra di noi. La sera, dopo cena, abbiamo provato le manovre di cordata in conserva: l'uso della corda, della piccozza, dei ramponi... Già l'emozione e l'attesa sale, e la notte queste sensazioni mi hanno fatto compagnia, facendomi dormire pochissimo! Finalmente alle 4 ci alziamo e partiamo: prima una lunga salita lungo il versante sinistro della morena, fino ad incontrare il ghiacciaio. Indossiamo i ramponi, componiamo le cordate e partiamo con la lunga traversata del ghiacciaio.

La prima parte è su un pleateau poco inclinato, finchè raggiungiamo la cresta, con alcuni facili passaggi di misto, su roccette che scavalchiamo, scoprendo finalmente il pendio finale, innevato e piuttosto ripido.

Occorre percorrerlo disegnando dei tornanti, che sembrano infiniti! Gli ultimi 100m di dislivello, anche a causa della fatica, sono lentissimi e ci richiedono un'ora.

Io sono davvero stanco, siamo partiti ormai da 6 ore, ma un momento magico ed emozionante mi ripaga della sofferenza: alzando la testa dall'ennesimo faticoso respiro, intravedo la punta della croce di vetta...
L'altra cordata, avanti a noi di alcuni minuti, è già lì e ci saluta, e i miei occhi si inumidiscono per l'emozione...

Siamo alla sommità della cresta, su una vetta piccola ed esposta in tutte le direzioni; siamo al centro del cielo!

La discesa è veloce e il rifugio ci accoglie giusto in tempo quando le nuvole, salite nelle ultime ore dalle valli, ci avvolgono nel morbido bianco.

Che esperienza... Ho provato una soddisfazione immensa, nel sentire con tutto il corpo e con ogni senso il frutto dell'impegno, della fatica, della sofferenza a allo stesso tempo del grandissimo amore per la montagna, per la natura vera, dove sei solo, e metti tutto te stesso alla prova. Ho provato insieme le due sensazioni più forti che io ricordi: la maggior fatica, e la maggior soddisfazione! E il desiderio di rifarlo... tra un po'!

domenica 22 giugno 2008

Aderenza a Traversella


Dopo tanto calcare, tanti appigli per le mani a cui ci si può appendere... bisogna far pratica di aderenza!!E come si vede dalle foto, ci si muove tutti tesi e in punta di dita!

Traversella
, dalle parti di Ivrea, è un enorme comprensorio con vie di tutti i livelli. Noi ci siamo orientati sui III-IV pensando che fossero un punto di partenza. Ma accidenti! Se questo è un III...?! :)

Abbiamo capito che la difficoltà dipende tanto dall'abitudine a quel tipo di roccia. Mancando appigli, ritorna molto importante l'equilibrio sulle gambe.

Ci voleva proprio quest'esperienza per ricordarci che l'arrampicata non è di forza!
E infatti il giorno dopo che male a tutti i muscoli!!!

PS mettere i rinvii quando sei preoccupato per l'equilibrio non è divertente!

Foto su Flickr